La grotta Gualtiero Savi, a Trieste presso Draga San’Elia, è per noi la "grotta delle meraviglie".
E’ dedicata alla memoria di Gualtiero Savi, figlio di uno dei suoi esploratori.
Si trova sulla pendice sud-ovest del Monte Stena, nella riserva naturale della Val Rosandra.
Già il luogo, in superficie, è incantato di suo. Se poi ripenso alle concrezioni custodite al
suo interno, debbo darmi un pizzicotto per essere sicura di non aver sognato.
Sulla via per l’avvicinamento si gode di un bellissimo
panorama sulle pendici dei picchi intorno. Siamo grossomodo al confine sloveno.
Urbanizzazione pressoché assente nei paraggi. Per i nostri occhi ed occhiali
abituati a rimirare luoghi ad urbanizzazione altissima, già questo è un bel
vedere.
Ad andamento sub-orizzontale il tratto che abbiamo visitato;
in alcuni punti scalette, corde e pioli permettono la progressione anche senza
attrezzi. Grazie a chi le ha installate.
Sin dai primi metri
dopo l’ingresso ci si rende conto di essere in un luogo speciale. Ogni centimetro, dappertutto, sotto, sopra, destra, sinistra, una quantità e
una varietà di concrezioni che l’occhio, dopo un po’ è quasi “ubriaco”. E’ troppo! Ti viene da
esclamare. E' come quando in profumeria annusi troppe boccette
e dopo un poco non capisci più gli odori.
Damiano che è specializzato in foto macro (scherzando gli canto
la canzone “macro-macro man!” sulle note della più nota “Macho-Macho Man dei Village People) c’ha l’occhio clinico e in più di una
occasione è lui ad insistere a “spiare” dentro ad angusti pertugi.. che
nascondono i tesori.
Ma anche le colatone di grandi dimensioni sono le bellezze
incredibili della grotta. E le carote nere?
E le carote arancioni? E le
eccentriche? E le superfici cristallizzate nelle piccole pozze d’acqua? E le
superfici bitorzolute che sembrano “a cavolfiore” ? Queste sale da sogno meritano anche qualche
video ripresa, ed ecco l’intervento sapiente di Simona. Io, che
come occupazione principale ho quella di stupirmi ad ogni passo, tento però anche di fare un po’ di foto di
back-stage; Sandro stavolta veste gli insoliti panni di light-man (oltre a quelli consueti di guida).
Al ritorno visitiamo la piccola diramazione della Galleria Bianca, alta circa un metro o poco più che
va stringendo sul fondo, dove oltre a esserci stalattiti, stalagmiti, fette di pancetta, cristallizzazioni ed eccentriche varie, il pavimento è praticamente una colata quasi
orizzontale che ha “allagato” la galleria, di modo che le punte di alcune
stalattiti risultano come “intinte” nel pavimento.
E tempo di avviarsi verso la superficie. La permanenza di qualche ora all’interno, dove gli odori sono “quasi” azzerati, ci fa riconoscere subito l’approssimarsi dell’uscita, oltre che per la corrente d’aria anche per un dolce profumo che prima, all’esterno durante l’avvicinamento, non sembrava così forte: è il profumo degli iris, che in questo periodo sbocciano rigogliosi e spontanei.
Doverosi i grandi ringraziamenti agli amici del "Boegan" di Trieste che ci hanno permesso di
visitare la grotta.
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