domenica 7 agosto 2016
Grotta Rolfo – Domusnovas (CI)
di Bianca Trevisian
Prima precisazione: nel momento in cui scrivo è passato un mese ormai dal nostro soggiorno in Sardegna. Forse è passato troppo tempo per poter descrivere con precisione e accuratezza le bellezze di questa grotta, ma ci si prova.
Seconda precisazione: io con Massimiliano, Sandro e Simona abbiamo passato due settimane in questa meravigliosa isola, abbiamo conosciuto tantissime persone. Con alcune abbiamo avuto modo di passare molti momenti insieme, alcune le abbiamo incrociate e ognuno poi ha continuato per la propria strada. Io vorrei ringraziarle tutte, Angelo e Silvia e Gino e Martino e Gianluca e Giampaolo in primis. Sto già perdendo il filo del discorso.. Appunto, sono successe talmente tante cose, che sarà molto difficile incentrare queste righe alla SOLA grotta. Ma vedi sopra, ci si prova.
La prima parte del nostro viaggio ci ha visto ospiti dello Speleo Club Domusnovas, in particolare accolti con grande affetto da Angelo Naseddu, che ci ha introdotti (insieme ai ragazzi del gruppo) al mondo speleologico sardo (ma anche alla sua cucina).
Ci hanno accompagnati a visitare la Grotta di San Giovanni a Domusnovas (celebre per essere l’unica grotta in Italia e la terza in Europa ad essere transitabile alle macchine anche se ora chiusa al traffico) e la Miniera di San Giovanni (il Livello 300) a Iglesias.
E, per l’appunto, la Grotta Rolfo.
Parcheggiate le macchine, si percorre un comodo sentiero. Ci si alza in quota di una cinquantina di metri finchè non si trova l’ingresso di quella che era la Miniera di San Michele.
Troviamo un cancello a proteggere i tesori di questa magica grotta. E’ Gino ad avere la chiave ed a farci strada nella galleria di ingresso.
Il nostro vociare e la nostra presenza disturbano gli abitanti di questo primo tratto di grotta: centinaia di farfalle notturne si alzano in volo e bisogna tenere la bocca chiusa per non correre il rischio di mangiarne qualcuna.. E man mano che procediamo ci accorgiamo di non essere decisamente soli: dalle pareti, numerosi geotritoni, e dal terreno, minuscole rane, ci osservano coi loro occhietti liquidi e la pelle lucida. Bisogna quindi prestare attenzioni a non fare una strage con gli scarponi.
Ci mettiamo in fila al fornello di accesso. Uno alla volta saliamo per questo che era una via di collegamento col livello superiore e incrociamo la Grotta (e la lettera maiuscola è doverosa).
Qui ci muoviamo sopra a quella che una zona di crollo abbastanza fangosa, finchè non sbuchiamo in una vasta sala che poco ha a che fare con ciò che abbiamo incontrato: alte concrezioni bianche e un terrazzino che si affaccia sul nostro primo scivolo, lungo circa una trentina di metri, che ci porta a quella che è un’altra vasta sala di crollo, la Sala del Sonno.
Proseguiamo e, fatto qualche saltino, cominciamo a scendere all'interno di un'antica frana che ha ristretto gli spazi e che fisicamente risulta essere abbastanza impegnativa.
Intercettiamo finalmente il letto del fiume, fortunatamente in secca e non soggetto a piene (in Sardegna non pioveva da maggio). Un tubone ellittico, ora abbastanza alto da camminare eretti, e altrove abbastanza basso da dover procedere chini. Sono presenti molti “scallops” ed è tutto concrezionato: bisogna sempre prestare molta attenzione a dove si mettono le mani e a dove muovere la testa, si rischia di fare danni col casco.
Ad un certo punto giungiamo ad un bivio. Alla nostra destra, in basso: fangofangofango. In alto sempre a sinistra: una risalita, anch’essa fangosa e scivolosa, e che risulta essere parte della nostra visita. Metà di noi sale, l’altra metà va in esplorazione.
Saliamo e, attraversata una stretta finestrella, ci ritroviamo in una saletta magica che conduce ad altri ambienti. Piccole pozze cristallizzate, concrezioni filiformi (“capelli d’angelo”), stupende aragoniti, bianche stalattiti eccentriche. I nostri occhi sono continuamente distratti a queste meraviglie che ogni volta stupisce noi speleologi, come la roccia possa impreziosirsi e brillare se illuminata dalla nostra lampada.
Trascorriamo diverso tempo in queste sale, prestando attenzione a non far danni.
Angelo ci porta ad osservare anche quelle che chiama “Le Tre Sorelle”, ovvero tre aragoniti che il carsismo ha deciso di regalarci, una accanto all’altra. Complici i miei capelli rosa, realizziamo qualche scatto che possa mettere in risalto il mio colore shock col candore di queste concrezioni. Bellezze messe a confronto, insomma ;)
Data un’occhiata all’orologio, decidiamo di fare dietro-front e raggiungere parte del gruppo che nel frattempo ha esplorato dei rami nuovi e ci sta aspettando. Facciamo una breve pausa pranzo, rituale foto di gruppo e ripercorriamo i nostri passi verso l’uscita. Anche durante il ritorno non ci concediamo molte pause, se non per fare degli altri scatti (con difficoltà perché i faretti, uno a uno, ci stanno abbandonando).
Quando finalmente ci lasciamo la grotta alle spalle, il caldo ci aggredisce, nei periodi estivi è sempre traumatica l’uscita. No problem: doppia dose di birra!
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